Salvare il Patrimonio Culturale

Salvare il Patrimonio Culturale

Questo blog prende il via dalla constatazione dello stato di abbandono,depauperamento,profonda alterazione del patrimonio culturale di Milazzo, registratosi negli ultimi decenni, seguiti ai nefasti danni bellici e a quelli edilizi degli anni Sessanta. Nonostante i recenti interventi di conservazione e restauro su importanti beni culturali, questi si sono spesso rivelati arbitrari e irrispettosi della natura originaria dei monumenti. A ciò è da aggiungersi il colpevole depredamento di chiese uniche nel loro genere, come quella cinque-seicentesca dei pp. Cappuccini, o la sottrazione alla comunità di beni fondamentali della storia cittadina, come l'antica Giuliana comunale, avvenuti in tempi assai vicini a noi. Per quanto possibile, questo blog porterà a conoscenza della gente i casi più eclatanti in tal senso, onde cercare di porre un freno al deleterio processo innescatosi, e far sì che le autorità preposte alla tutela del patrimonio artistico, architettonico, archivistico di Milazzo, o meglio a quel che resta di esso, esercitino la dovuta sorveglianza.


domenica 14 novembre 2010

La Prima Guerra Mondiale e Milazzo - Una lirica di Peppino D'Amico


QUANDO LE DISPUTE GIOVANILI ERANO SUI TEMI DELLA PATRIA
Il 7 novembre del 1918, pochi giorni dopo la gloriosa battaglia del Piave, ove Peppino D'Amico è impegnato in prima persona, la fidanzata Elvira Santaniello gli invia al fronte una lettera nella quale trascrive una poesia di argomento bellico, ricavandola dal giornale patriottico "Tira Gigi", inviatole da un parente catanese. La giovane, risentita per non essere stata informata preventivamente della pubblicazione, spaccia ironicamente la lirica per una sua produzione. Qualche giorno dopo Peppino si scuserà dicendole che pure lui era all'oscuro del fatto, e attribuendone la "colpa" al suo amico-poeta Guglielmo lo Curzio, l'unico a cui il giovane aveva mandato il componimento per ottenerne un giudizio.





IL MORTO AL RETICOLATO

Ancora lì quel morto, Oh eternamente
m’apparirà ne’ miei tristi risvegli,
come s’io fossi l’assassino e quegli
il mio rimorso? E’ un sogno di demente

quel fantasma che s’erge ibrido, informe
e resta in piedi a quel reticolato:
le braccia aperte, in uno sforzo enorme
a le sue spine resta avviticchiato.

Non sotterra: c’è il buio entro la fossa!
Sparsi, ma al sole, su la breccia, verso
la meta, lì, guardando il fato avverso
fin che s’abbatta il frale ordito d’ossa!

-Ma che abbracci, o fratello? Una divina
chimera ancor ti chiama e ti sorride:
la vittoria? la gloria? Ecco: ogni spina
irta è un sarcasmo ch’a l’audacia irride!

E il sol che torna sopra a le miserie
vecchie, ne l’alba che non ha pispiglio
né moto, sbarra il truce occhio vermiglio
e fruga tra la nebbia e le macerie;

e goffo stuol d’ischeletriti sogni,
schiara un’immota teoria infinita
d’orridi morti, crocifissi ad ogni
santo reticolato della vita.

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