Per una volta questo blog, dedicato al mio paese nativo, ospita un post relativo a una mostra in corso a Palermo- Palazzo Ajutamicristo,
via Garibaldi,traversa via Lincoln, zona Foro Italico- il cui legame con Milazzo è comunque dato dal fatto che è stata allestita dalla Soprintendenza ai beni culturali ambientali di Palermo, e in particolare dalla mia unità operativa(UO12). Nel chiedere scusa a quanti sono venuti nella sede espositiva della Soprintendenza e non hanno trovato la brochure - finanziata dal Credito Siciliano e già esaurita dopo pochi giorni - pubblico qui di seguito il pannello didattico presente nella stessa, rinnovando i ringraziamenti alle sorelle Burgio, proprietarie della stupefacente opera, per aver acconsentito alla sua pubblica fruizione.
IL PRESEPE DI CARTA DI VITO E ALESSANDRO D’ANNA
- Collezione antiquario Burgio, Palermo-
Il presepe, lasciato da Vito D’Anna al convento dei pp.Filippini dell’Olivella alla morte del pittore (1769), passò dopo le soppressioni conventuali a Palazzo Mazzarino (1866); quindi, in seguito alla vendita all’asta del 1964, fu acquistato dall’antiquario palermitano Nicolò Burgio e fu contestualmente notificato dalla Soprintendenza alle Gallerie della Sicilia, diretta da Vincenzo Scuderi . Altri pochi elementi di esso si trovano oggi nelle case Lanza Tomasi e Piraino di Palermo.
L’opera, complessa e articolata –circa 250 pezzi , dipinti a tempera su cartoncino sagomato e ritagliato-, dallo spiccato carattere teatrale, che coniuga figurine in miniatura con scenografie giganti, convertendo nella tecnica della pittura ciò che era da sempre prerogativa della scultura, dovette stupire i contemporanei per la novità dell’ideazione, gli artifici scenografici, la tecnica mirabolante delle figurine di carta, sorreggentisi tramite impalcature nascoste di canne spaccate, incollate nelle giunzioni da cerotti di carta.
La sua ideazione va rivendicata allo stesso D’Anna, il massimo pittore della Palermo di metà Settecento, che rivela qui inaspettate doti di scenografo; a lui si devono anche le figure migliori, dal sapiente disegno, rese con tinte pastello e delicate ombreggiature. Egli appare largamente coadiuvato dal figlio Alessandro, esperto in paesaggi e costumi, cui sono da attribuire molte delle figure dei popolani, gli animali e i paesaggi.
L’opera dunque – attingendo alla tipologia del presepe “cortese” di ascendenza napoletana - si pone in bilico tra eleganza arcadica, propria della pittura rococò, e illustrazione documentaria, tipica della cultura illuminista.
Solo delle ipotesi sono fattibili sulla sua committenza, che può essere individuata in un aristocratico che lo commissionò per un ampio salone del suo palazzo, ovvero negli stessi padri Filippini dell’Olivella, che poterono richiederlo per la loro chiesa, nell’ultimo periodo della vita del pittore.
Il presepe costituisce un interessante documento etnografico sulle arti e mestieri siciliani settecenteschi –oltre ai tradizionali pastori e contadini, vi appaiono venditori ambulanti, boscaioli , musicanti, tessitrici, filatrici…-, che in questa occasione convertono le loro mansioni e i loro servizi verso le offerte al Divino Nato. E ancora offre un ricco repertorio di manufatti appartenenti alla cultura materiale - botti di vino, ceste di vimini, borracce di zucca, strumenti musicali, accessori abbigliamentari, gioielli…-, nonché un dettagliato excursus di costumi, maschili e femminili, aulici e popolari.
Una larga parte vi ha poi il repertorio animalistico, delineato con sapiente maestria, che presuppone un capillare studio preliminare.
Notevole infine la parte riservata agli sfondi paesaggistici e antiquari, che rivelano un gusto tra il pittoresco e il preromantico, desunto dalla coeva pittura di paesaggio, romana e napoletana.
Salvare il Patrimonio Culturale
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