Un dipinto garibaldino di Luigi Lojacono (1809-1879), sito in collezione privata di Palermo, pubblicato qualche decennio fa come Battaglia di Palermo (cfr.F.Grasso in Kalòs, anno 8, n.4, 1996), si riferisce verisimilmente all’episodio più noto e celebrato della Battaglia di Milazzo, quello del Ponte, ove Garibaldi appiedato viene salvato da Missori che spara all’ufficiale a cavallo -il capitano Giuliani- che lo sta per assalire; accanto a lui un altro garibaldino che prende parte al corpo a corpo fra borbonici e camicie rosse. Sullo sfondo un ufficiale garibaldino a cavallo che sventola il tricolore con una pistola in pugno (Statella?) e un altro ufficiale a cavallo con camicia scura (Medici?) con spada sguainata. In terra giacciono soldati colpiti da entrambe le parti, raffigurati in mirabili scorci. Colpisce inoltre l’atteggiamento dell’eroe, anticelebrativo e antiretorico, quasi confacentesi al semplice resoconto che lui stesso fece dell’episodio (cfr.B.Cannistrà in I luoghi della memoria a Milazzo, Italia Nostra, 2011). Dei topoi della battaglia del XX luglio del 1860, vi è poi il casolare diroccato, il muretto e le piante di fichidindia. Il dipinto ci regala ancora (sulla sinistra) un altro episodio minore della battaglia, svoltosi sul litorale di Levante, nel cui mare antistante si scorge un piroscafo, probabilmente il Tukory, che attende il generale per il prosieguo delle operazioni militari della giornata campale. Il dipinto dunque confermerebbe anche la collocazione dell’episodio principale lungo la suddetta litoranea , verisimilmente in contrada Acquaviole, come sostenuto da B. Cannistrà (cit.). Firmata L. Loiacono e datata 1862, l’opera deve dunque essere identificata con la famosa Battaglia di Milazzo eseguita dal pittore palermitano due anni dopo i cruciali fatti d’arme e vincitrice di medaglia d’argento all’Esposizione palermitana di Belle arti del 1863, citata nelle cronache, di cui si era persa la memoria. Il pittore infatti, che ci ha lasciato altri dipinti con episodi garibaldini (cfr.D’Amico in Tecla on-line, Effemeridi 2011) fu, assieme al figlio Francesco Lojacono - il più importante paesaggista palermitano del secondo ‘800- uno dei pittori-soldato che seguirono il generale nelle sue imprese siciliane fino a giungere a Milazzo, ove quest’ultimo riportò una ferita. Il dipinto dunque dovrebbe essere frutto della visione diretta dei fatti e dei luoghi da parte di un testimone oculare che potè immettere degli ulteriori elementi di veridicità storica alla stereotipata trattazione di essi ricavata dal racconto di A.Dumas, che caratterizza numerose raffigurazioni della suddetta battaglia, in particolare stampe e incisioni. L’opera, delineata quasi con fare miniaturistico, è concepita come una quinta teatrale delimitata dalla quercia in primo piano e dall’edificio neogotico diroccato sul fondo, consuetudine che discende forse dalla dimestichezza del pittore con scenografie e bozzetti di scena. Essa dunque si viene ad annoverare a buon diritto tra i dipinti finora noti della Battaglia di Milazzo (cfr.D’Amico in MilazzoNostra, n.26), come uno dei più significativi per l’attendibilità storica , l’alta qualità pittorica, il perfetto equilibrio tra paesaggio e rappresentazione dei fatti d’arme dell’ epico combattimento del XX luglio, che grazie alla celebrazione di Dumas sarebbe entrato a far parte della leggenda, assurgendo a “duello omerico”, “lotta di giganti” (cfr.Cannistrà, cit.).
Salvare il Patrimonio Culturale
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